“Il vero dramma della chiesa che ama definirsi moderna [ il vero dramma dei cristiani che vogliono essere moderni ] è il tentativo di correggere lo stupore dell’evento di Cristo con delle regole” . E’ una mirabile frase di Giovanni Paolo I (sarebbe stato provvidenziale quel suo mese di pontificato, anche solo per questa osservazione, di cui non si trova altrove l’equivalente). Cristo è un evento, un avvenimento, un fatto, che innanzitutto riempie di stupore.
L’irruzione di qualcosa di imprevedibile e di imprevisto – un avvenimento, un “evento” – desta innanzitutto stupore. E lo stupore è l’inizio di una reverentia, di un rispetto, di un’attenzione umile. Come in un bambino posto di fronte a una situazione nuova: in lui istintivamente si desta un senso di stupore e di rispetto umile e un po’ timoroso. Chi si sottrae allo stupore dell’avvenimento, e all’attenzione, alla venerazione, alla curiosità rispettosa e umile che l’avvenimento istintivamente suscita, diventa schiavo di regole. Chi tenta di sottrarsi all’avvenimento si fa inevitabilmente schiavo di regole.
Questo spiega molto bene la caratteristica del soggetto umano creato dalla mentalità moderna: grumo di segmenti, di particelle e di brandelli, come dicevamo. Ognuno di questi brandelli sussiste e procede perché segue delle regole: le regole dell’ufficio, della famiglia, le regole anche dell’andare in chiesa o in parrocchia. Quando ci si sottrae allo stupore, alla luce e al calore che l’avvenimento di Cristo accende, e in cui soltanto emerge la faccia o l’unità dell’io nei suoi vari aspetti (per cui essi arricchiscono l’unità e non la deprimono in divisione rappattumata), non si può evitare di assoggettare la propria vita, segmentata, alla schiavitù delle regole.
Questa osservazione ci richiama a Cristo che ha dato la vita per salvare l’uomo dalle regole dei farisei, dal fariseismo. Da quando Cristo è venuto, nei due millenni cristiani nessuna epoca è stata più farisaica della nostra. (..)
Luigi Giussani
Riv. Tracce , febbraio 2000
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